Bonus per lavoratori di Abruzzo e Molise: come presentare domanda

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In arrivo il bonus da 2.400 € per più di quindicimila lavoratori somministrati. Le domande vanno presentate entro il 31 maggio

REGIONE – Sono complessivamente 15.190, in Abruzzo e Molise, le lavoratrici ed i lavoratori potenzialmente aventi diritto al “bonus somministrati” di 2.400 €, previsto dal “decreto sostegni” dello scorso marzo.

L’INPS, infatti, con una nota del 19 aprile, ha chiarito che tutti coloro che abbiano avuto negli anni 2019, 2020 o 2021, almeno 30 giorni di lavoro in somministrazione (ex interinale), un contratto non rinnovato ed alla data della domanda non abbiano un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, possono accedere al bonus.

È stato inoltre precisato, che anche chi percepisce l’indennità di disoccupazione ma è in possesso degli altri requisiti, può chiedere il bonus, mentre sono esclusi tutti i lavoratori somministrati del turismo, degli stabilimenti termali e del settore agricolo e coloro che già percepiscono il Reddito Di Emergenza.

Per poter accedere alla misura, è necessario inoltrare domanda all’INPS. Gli uffici della CGIL, tramite la categoria sindacale del NIDIL CGIL ed il Patronato INCA CGIL, sono pronti ad assistere i lavoratori interessati a richiedere il bonus ed a inoltrare le domande entro il 31 maggio. NIDIL CGIL e Patronato INCA CGIL, inoltre, potranno contestualmente verificare l’esistenza di eventuali ulteriori diritti.

Si legge ancora nella nota congiunta dei sindacati: “Il “bonus somministrati” interessa, potenzialmente, 14.477 lavoratori in Abruzzo (3.678 a Teramo, 3.744 a Pescara, 1.822 a L’Aquila e 5.237 a Chieti) e 713 in Molise (566 nella provincia di Campobasso e 147 in quella di Isernia) e cerca di dare una risposta, seppur parziale, ad una delle categorie più deboli e che più ha sofferto delle conseguenze economiche della pandemia: le lavoratrici ed i lavoratori precari. Di questi, due su tre sono uomini (le donne, nel numero di 5.444, rappresentano il 33%) e nel 42% dei casi hanno meno di 30 anni di età. Una precarietà che riguarda, quindi, in particolare le giovani generazioni alle quali è impedita la costruzione di percorsi di vita che richiederebbero garanzie economiche e lavorative. Una precarietà che va superata (a partire dall’attenzione alla stabilità del lavoro nelle attività nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) affinché nessuno rimanga indietro”.