Campobasso, Giorno della Memoria: il pensiero del sindaco Battista

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Campobasso, Giorno della Memoria: il pensiero del sindaco BattistaCAMPOBASSO – Intervento del sindaco di Campobasso, Antonio Battista, sul Giorno della Memoria:

“Ventisette gennaio. Simbolo della fine di un incubo, di un genocidio e di una vergogna senza pari. Ventisette gennaio come inno alla libertà, come giorno in cui si celebra l’apertura dei cancelli di Auschwitz, ma anche come quello della verità in cui l’orrore che si teneva nascosto, con la stessa forza con cui si dava la caccia agli ebrei, non è stato più un segreto per nessuno. Giorno della memoria per non dimenticare e soprattutto per riflettere sull’inaudita crudeltà usata per sterminare un popolo macchiando di sangue, in lungo e in largo, il vecchio continente rimasto silenzioso, quasi immobile, di fronte all’aberrazione delle leggi razziali e all’ottuso fanatismo legato alla razza pura.

Ingranaggi rotti in menti perverse che hanno messo in moto l’orripilante macchina della ‘soluzione finale degli ebrei’. Una furia assassina contro chi professava una religione diversa, contro chi era cresciuto respirando una cultura diversa. Una razza che faceva paura, considerata responsabile finanche delle lunghe e ripetute crisi economiche che avevano afflitto la Germania e che quindi bisognava cancellare. Fucili puntati contro il popolo ‘eletto’ diventato, agli occhi dei nazisti, colpevole di ogni male. Uomini, donne, bambini e anziani, arrestati e poi infilati come bestie in treni diretti nei lager dove non avevano scampo zingari, omosessuali, avversari politici, diversamente abili, sacerdoti e testimoni di Geova. Lì, in quelle baracche della morte, dove ogni regola di civiltà veniva ribaltata furono uccise circa dieci milioni di persone. Una barbarie. Uno sterminio ideato e attuato nel centro del vecchio continente, nel cuore di quell’Europa, per così dire moderna, dove tolleranza e libertà politica erano però solo una fievole apparenza.

Sono passati 80 anni dalla promulgazione delle leggi razziali che hanno sparso dolore e morte e anche se c’è ancora chi continua a negare quanto accaduto, per fortuna abbiamo ancora oggi la possibilità di ascoltare, dalla viva voce dei sopravvissuti, quegli anni così bui. Voci che sono storia, e accorato appello affinché l’olocausto non si ripeta più. Ma quelle fotografie, quei frammenti di video arrivati fino a noi, il dramma che traspare dai capolavori della letteratura e persino i racconti di chi è scampato sembrano cadere nel vuoto di fronte alla prepotente rinascita di rigurgiti xenofobi che serpeggiano in Europa e dilagano in America. Ancora oggi, nel 2018.

Certo la Shoah non è paragonabile ai venti di insofferenza e di fanatismo che vorrebbero spazzare via gli immigrati, chi chiede asilo politico, chi fugge da guerre e dittature, chi vuole semplicemente vivere, ma è comunque un fenomeno allarmante, perché prima sottotraccia e oggi alla luce del sole, quel sentimento di insofferenza verso l’altro è diventato un pericoloso leitmotiv, addirittura un cavallo di battaglia da usare in campagna elettorale per alimentare timidi focolai di razzismo e rafforzare quelli che già ardono da tempo.

Una libera propaganda o meglio una propaganda libera che non tiene conto dell’umana solidarietà, né di diritti né di obblighi, né di quel senso di civiltà che dovrebbe prevalere anche sugli atteggiamenti di faticosa sopportazione che andrebbero smorzati per evitare che il clima poco solidaristico possa esplodere in politiche ed azioni che nulla hanno a che vedere con la maturità sociale di cui questo continente – a cui apparteniamo ma che dobbiamo sentire nostro – ha bisogno di rinsaldare. Abbiamo bisogno di esempi, e anche di speranza, quella speranza che ritrovo nel gesto, forte, del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ha nominato senatrice a vita, la prima del suo mandato, Liliana Segre, sopravvissuta ai lager. Un grande messaggio che ha anticipato il Giorno della Memoria, giorno per ripartire dalla solidarietà e per non dimenticare che l’intolleranza è l’anticamera di una strada senza uscita”.