“Decontribuzione SUD”, l’intervento di Vincenzo Longobardi

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vincenzo longobardiREGIONE – Tra le misure introdotte dai vari governi italiani dal 2020 in poi, la decontribuzione SUD è stata sicuramente quella con maggiore ricaduta occupazionale e con minori effetti distorsivi sia di utilizzo che di evasione.

Richiesta più volte dal sistema Confindustria proprio perché strumento sicuro, affidabile e di immediata attuazione, ha aiutato in questi anni le aziende del Sud Italia a superare, almeno parzialmente, gli enormi gap infrastrutturali che soffrono, riuscendo a rendere più attrattivo un territorio in perenne ritardo di sviluppo rispetto al Centro- Nord.

Nata come misura temporanea di crisi e transizione da parte della Commissione Ue e prorogata fino al 30 giugno 2024, rischia di essere messa al bando dopo tale data.

“Come rappresentanze regionali di Confindustria, – fa sapere il Presidente di Confindustria Molise Vincenzo Longobardi – abbiamo interpellato nelle scorse settimane il ministro per gli Affari Europei Raffaele Fitto, che ci ha assicurato di portare la questione in Commissione europea con l’intenzione di ottenere l’estensione del beneficio oltre la data di scadenza fissata”.

Ma cosa rappresenta in pratica la decontribuzione Sud al 30%?

“E’ un taglio attraverso l’aiuto di stato della quota contributiva del costo del lavoro, in sostanza una parziale riduzione degli oneri fiscali diretti che va nella direzione di ridurre l’elevato costo del lavoro in Italia (superiore alla media europea) e che lo porta più vicino, per esempio, al costo spagnolo (che rimane comunque inferiore). Siamo sempre ben lontani da Portogallo, Grecia, Polonia e soprattutto gli altri paesi est-europei”.

Val la pena di ricordare – aggiunge Longobardi – come “la spesa per contributi rappresenti un elemento di costo fisso e quindi non gestibile dall’azienda a fronte della contrazione dei volumi, ecco perché il suo contenimento rappresenta ancora una volta un baluardo all’occupazione oltre che alla continuità aziendale. Abbiamo sempre sostenuto che la competitività del Mezzogiorno si possa giocare soprattutto sulla competitività dei fattori di produzione: capitale, lavoro, energia, costi ambientali e di transizione, livello di tassazione, semplificazione burocratica. Togliere un elemento così diretto di competitività, significherebbe invitare una parte dell’industria all’abbandono del territorio, spingendola alla ricerca di terreni oltremare ben più fertili, con buona pace delle politiche di coesione”.

Per fare un semplice esempio, basti pensare che solo per raggiungere i mercati del nord Italia l’incremento di spesa annuo per una media impresa del Molise è di circa 150KEur verso l’anno 2019, mentre per i consumi energetici siamo tra il +10% per forza motrice fino al +85% per il metano che equivalgono a circa 300K€ in più di costo. Non sempre tali costi possono essere ribaltati sul fatturato, anzi finora sono stati per la maggior parte assorbiti dai margini. A fronte di ciò ci troviamo il benefico effetto della decontribuzione di circa 200K€.

“Non solo abbiamo bisogno della decontribuzione al 30% – conclude il Presidente di Confindustria Molise Longobardi – ma avremmo bisogno della decontribuzione al 50% e di costi dell’energia comparabili con i nostri competitor internazionali! Questa è l’unica via che ci consentirebbe di ridurre i gap di cui sopra e liberare quelle risorse necessarie per la transizione green e digitale nonché, e direi soprattutto, aumentare l’occupazione attraendo risorse in questa regione e nel Mezzogiorno in generale. La decontribuzione è il nostro ponte sullo stretto del cuneo fiscale e noi ci aspetteremmo un’Europa che lo costruisca e non che lo abbatta! E’ la nostra ultima line del Piave, ora nelle mani del ministro Fitto ed in quelle del governo. Ci auguriamo entrambi che abbiamo la forza e statura politica per vincere questa sfida epocale, anche perché noi cominciamo ad accusare la fatica di questi duri anni”.