La Consulta bacchetta il Molise, legge ‘radicalmente oscura’

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CAMPOBASSO – Leggi “irrimediabilmente oscure”, che determinano una “intollerabile incertezza nella loro applicazione concreta”, sono in contrasto con il principio di ragionevolezza fondato sull’art. 3 della Costituzione. Lo ha affermato la Corte costituzionale nella sentenza 110 con cui, in accoglimento del ricorso del Governo, è stata dichiarata costituzionalmente illegittima una disposizione in materia edilizia contenuta in una legge (8/2022) della Regione Molise. La norma in questione stabiliva l’ammissibilità di non meglio precisati “interventi” all’interno di “fasce di rispetto” contenute nelle “aree di piano”, senza precisare a quali piani facesse riferimento.

L’ammissibilità di tali interventi, d’altra parte, era prevista “previa V.A. per il tematismo che ha prodotto la fascia di rispetto”: espressione giudicata incomprensibile dalla Corte, anche a fronte della circostanza che la Regione aveva assegnato all’acronimo “V.A.” due significati diversi (“valutazione ambientale” e “verifica di ammissibilità”) nelle proprie stesse difese. Infine, la disposizione in questione non si inseriva in alcuna legge preesistente, restando per così dire “sospesa nel vuoto”: ciò che rendeva impossibile lo stesso tentativo di interpretare i suoi requisiti alla luce dello specifico contesto normativo di riferimento.

Dopo aver richiamato, in particolare, le proprie precedenti sentenze in materia di sufficiente precisione delle norme penali e delle leggi che impongono limiti ai diritti fondamentali della persona, la Corte ha osservato che anche rispetto alle disposizioni che regolano la generalità dei rapporti tra la pubblica amministrazione e i cittadini “ciascun consociato ha un’ovvia aspettativa a che la legge definisca ex ante, e in maniera ragionevolmente affidabile, i limiti entro i quali i suoi diritti e interessi legittimi potranno trovare tutela”. Alla luce di questi criteri, la Corte ha concluso nel senso della illegittimità costituzionale della legge regionale impugnata, che non era in grado di fornire “alcun affidabile criterio guida alla pubblica amministrazione nella valutazione se assentire o meno un dato intervento richiesto dal privato”.