CAMPOBASSO – Coldiretti Molise ha avviato nelle scorse settimane una approfondita valutazione circa le principali problematiche che interessano i diversi comparti della nostra agricoltura. Tra le prime analisi che l’Organizzazione ha svolto vi è la situazione molto critica del comparto cerealicolo. Infatti, spiega il Direttore regionale di Coldiretti Molise, Aniello Ascolese, “dal nostro studio è emerso come nell’ultimo periodo stiamo registrando un incremento notevole delle importazioni di grano duro, specie dal Canada”.
“Già oggi – prosegue Ascolese – abbiamo un trend che, alla stessa data rispetto alla scorsa campagna commerciale, ci parla di un più 60% di importazioni dal Canada. Nella passata campagna 2023-2024 avevamo invece conosciuto l’aumento delle importazioni dalla Turchia che quest’anno risultano essere ridimensionate solo ed esclusivamente perché il governo turco ha posto un prezzo minimo di base d’asta a 345 dollari alla tonnellata e ha messo un veto alle importazioni dalla Russia e dal Kazakistan”.
Ma ciò che crea maggiore imbarazzo, osserva Coldiretti, non sono tanto gli accordi di libero scambio con i Paesi produttori di grano duro perché, volenti o nolenti, noi comunque oggi produciamo solo il 60% del grano che consumiamo. Quello che è più imbarazzante, invece, è che non c’è mai un equilibrio produttivo; manca cioè quello che viene racchiuso in una parola molto semplice: reciprocità.
Quindi oggi ci troviamo nella condizione per la quale le nostre produzioni risultano essere compresse dal grano duro canadese, che utilizza glifosate nella fase di preraccolta, e da quello turco per la cui produzione si utilizzano, in fase di coltivazione, principi attivi che in Europa non sono più consentiti ormai da decenni, come ad esempio il Cardbentarzing; oppure ci accorgiamo che viene esportato grano con passaporto turco ma di fatto con provenienze diverse.
Coldiretti negli ultimi anni è stata la prima Organizzazione a comprendere una cosa molto importante e cioè che in un mondo nel quale un pugno di multinazionali tende a controllare il 70% dei fitofarmaci e l’80% del trading dei cereali, l’unica strada per salvaguardare il mondo agricolo è la differenziazione delle nostre produzioni.
“In questo scenario – spiega Aniello Ascolese – il contratto di filiera diventa uno strumento molto semplice ma al contempo molto efficace, in quanto aiuta ad uscire da una dinamica di mercato che sempre più tende a standardizzare ed omologare le produzioni a livello mondiale. E noi sappiamo bene – rimarca il Direttore della Coldiretti – che standardizzazione ed omologazione sono i nemici più temibili per il nostro Made in Italy. Con un prezzo minimo garantito, che tiene conto dei reali costi di produzione che vengono sostenuti dai nostri imprenditori – conclude Ascolese – il contratto di filiera diventa quindi, di fatto, un’importante leva a salvaguardia della nostra sovranità alimentare e dunque l’alleato principale di tutta la filiera agroalimentare nazionale”.