Termoli, il commento di Sbrocca all’esito del Referendum autonomia

70

comune-di-termoliTERMOLI – Il sindaco di Termoli, Angelo Sbrocca, sottolinea nel seguente comunicato di commento all’esito del Referendum per l’autonomia che quello che accade in Veneto e Lombardia ci riguarda da vicino:

“All’indomani dell’esito del referendum che si è tenuto in Lombardia e Veneto è utile fare una riflessione: quello che sta accadendo a diversi chilometri dal Molise ci riguarda molto più di quanto possiamo immaginare.

Il referendum per l’autonomia ha avuto l’obiettivo di far pronunciare i veneti e i lombardi sulla possibilità di avere una maggiore autonomia regionale, in particolar modo su 23 materie che già la Costituzione italiana prevede quali ambiti di possibile gestione da parte delle regioni attraverso l’articolo 116.

L’iter prevede che qualsiasi Regione italiana voglia avere maggiori spazi di autonomia nell’ambito delle 23 materie delegabili, avvii procedimenti interni mirati a formulare proposte concrete che partano da quanto già esistente e già garantito dallo Stato italiano nell’ambito delle materie scelte e arrivino a formulare ipotesi e percorsi concreti di sviluppo e miglioramento negli stessi ambiti.

L’Emilia Romagna, ad esempio, da molto tempo si sta muovendo in questa direzione e ha scelto di gestire direttamente, e con risorse certe, quattro materie fondamentali come lavoro e formazione; imprese, ricerca e sviluppo; sanità; governo del territorio-ambiente. Per farlo non ha indetto alcun referendum: è bastato, un periodo di concertazione con le categorie economiche e i sindacati e il voto dell’Assemblea regionale.

L’altro tema trainante della campagna pro Referendum cavalcato dal presidente della Regione Veneto Luca Zaia è stato quello delle trattenute dei 9/10 delle tasse che i veneti versano allo Stato italiano. Il tormentone di ogni intervento pubblico del presidente Zaia è stato: “I soldi dei veneti ai veneti”. Questo significa che la volontà del presidente Zaia e dei tantissimi veneti che hanno votato sì al referendum sull’autonomia è quella di poter ricevere i nove decimi delle tasse che versano allo Stato, parte delle quali oggi viene destinata al resto delle regioni italiane attraverso il Principio di solidarietà previsto dalla Costituzione italiana.

Che le trattenute dei 9/10 delle tasse sia stato solo uno slogan elettorale è fin troppo chiaro poiché per attuare un simile regime fiscale sarebbe necessario che il Veneto disconoscesse la Costituzione Italiana e dichiarasse il secessionismo. A quel punto la Regione Veneto potrebbe legiferare anche in ambito di contribuzione fiscale.

Se, qualora dovesse invece rendersi attuabile questa differenza di contribuzione tra cittadini delle diverse regioni allora sarebbe il baratro: dare vita a norme che determinano differenze tra i cittadini di una stessa nazione farebbe da apripista a movimenti secessionisti, indipendentisti e lo Stato unitario ne uscirebbe disgregato.

Le regioni italiane del Mezzogiorno sarebbero quelle maggiormente penalizzate poiché il sistema del residuo fiscale (differenza tra entrate e spese complessive regionalizzate) fa sì che le regioni del nord a Statuto ordinario presentino tutte un saldo positivo fornendo al resto del Paese oltre 100 miliardi di euro all’anno di solidarietà.

Questo avviene perché l’imposta principale che viene trattenuta sul territorio è l’IRAP (Imposta Regionale sulle Attività Produttive). Si tratta dell’imposta distribuita in maniera meno uniforme sul territorio italiano, molto bassa al sud, molto alta al nord. Questo vuol dire il gettito a disposizione delle regioni del sud per far quadrare i propri bilanci è molto più basso di quelle del centro-nord. Ad esempio la Calabria ha a disposizione 310 euro per ciascun abitante della Regione, il Veneto 652. La Campania circa 371, la Lombardia 862.

In pratica la quota necessaria per garantire i servizi minimi è superiore alle entrate delle Regioni del mezzogiorno. La riflessioni che dobbiamo fare tutti noi all’indomani del referendum di Veneto e Lombardia è proprio questa, la richiesta del presidente Zaia, qualora condivisa e magari allargata alle altre regioni quali conseguenze avrebbe sul nostro Molise e sulle vite di tutti noi? Andrebbe ancora e inesorabilmente ridotto il numero degli ospedali e dei servizi sanitari presenti in regione, le casse comunali e regionali non basterebbero alla manutenzione delle scuole; le spese a questo punto graverebbero sulle famiglie, così come tante altre spese che i Comuni e la regione non potrebbero più sostenere proprio in virtù di quei fondi che a tutt’oggi arrivano grazie al principio di solidarietà e che non sarebbero più versati nelle casse regionali.

Si creerebbe così un fortissimo divario fra il nord e il sud Italia, tra cittadini che avrebbero diritto ad accedere a servizi di qualità ed altri a cui tutto questo sarebbe negato e questo nell’ambito della scuola, della formazione, della sanità, nell’offerta del mondo del lavoro, nell’innovazione tecnologica.

Bisogna interrogarsi allora sul perché le forze politiche che tanto si sono battute per questo referendum come il Movimento Cinque Stelle e le destre, non abbiano spiegato ai loro elettori soprattutto nel Mezzogiorno d’Italia e anche qui in Molise, cosa realmente celasse questo referendum e quali saranno le conseguenze disastrose che ne conseguiranno se l’iter di separazione fiscale e contributiva verrà accettato. Oltre alla colpevolezza della menzogna queste forze politiche hanno anche quella della connivenza.

Con il loro silenzio o con la loro propaganda pro autonomia, queste forze politiche hanno avallato un malcelato indipendentismo e nuovi movimenti secessionisti, o hanno semplicemente dato manforte alla vecchia questione settentrionale che, purtroppo non si è mai dissolta. Chiediamoci se forse il vero obiettivo di Zaia e delle destre non sia stato quello di colpire l’attuale Governo per poi prenderne semplicemente il posto. Un gioco vecchio ma attivato da nuove modalità (tra l’altro costosissime dato che il referendum è costato circa 100milioni di euro) e facendo leva su ciò che in questa epoca storica è il miglior collante tra gruppi anche fortemente eterogenei: l’odio.

Chiediamoci quali saranno i vantaggi di un Paese diviso e disgregato proprio in un momento storico in cui si vive il tempo della globalizzazione. Chiediamoci dove il Veneto abbia perso la memoria dato che proprio quella che era una terra di emigrati provenienti dal sud Italia e per secoli una delle regioni più povere, è notoriamente risorta dalla miseria grazie agli aiuti dello Stato. Chiediamoci infine quale strada e quale futuro queste forze politiche stiano indicando ai giovani. Quella delle divisioni, della mancanza di confronto, dell’assenza di solidarietà e dell’odio”.