Dedicato ai compianti genitori Anna e Michele, il volumetto è costituito da 68 pagine narranti, impreziosite da 23 quasi sbiadite foto d’epoca (di cui soltanto 7 a colori) che documentano timidamente un’Agnone degli anni cinquanta-settanta, infondendo tanta tenerezza per la semplicità di quel mondo, ormai archiviato con tutti i suoi sogni (anche sociali) ma non con questi intensi ricordi che ormai sono impressi in tale speciale testimonianza, quasi una struggente autobiografia. Un’ampia e suggestiva finestra sul nostro passato prossimo, che ha espresso le timide premesse per il mondo di oggi, poi esploso improvvisamente nella globalizzazione un po’ incompresa, un po’ malvissuta, alquanto incontrollata e poi persino euforica e distraente. Glocal.
Il centro della narrazione ha come protagonista un casello ferroviario della piccola ferrovia privata locale ormai in disuso che (dal maggio 1914 al novembre 1943) con i suoi 37 km da Agnone ha portato la cosiddetta “colomba bianca” alla stazione delle Ferrovie dello Stato di Pescolanciano, collegando così l’Alto Molise al resto d’Italia. In tale casa dell’infanzia per l’Autrice, viveva la famiglia del padre ferroviere, isolata nel bosco all’altezza del valico di Tre Termini, a quota 1110 metri, vicino la radura di Staffoli, distante più di 20 km dalla cittadina natìa. Oltre alla solitudine e ai sacrifici di ogni genere, c’era però tanta semplicità e felicità familiare (forse dono dell’etica autentica di quegli anni affettuosi e non ancora travolti dall’alienazione e dalla caotica modernità, allora fortemente incipienti).
E, nell’orto di casa, c’era un imponente albero di cerro (come illustrato sulla copertina) da cui prendono ispirazione questi 26 brevi racconti. Scoprirne le curiosità e i perché sarà piacevole compito del lettore, che sicuramente si delizierà di vedere con gli occhi bambini dell’Autrice quel piccolo mondo antico che non c’è più e che specialmente i “millennials” attuali e futuri non possono nemmeno immaginare, pure perché quella casa-casello della ferrovia è ormai quasi tutta diruta; e non dice più nulla nemmeno agli automobilisti che passano frettolosamente per quelle tre strade che si incrociano per andare e venire da Pietrabbondante e dal versante isernino-tirrenico.
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