Regione, disoccupazione femminile: le perplessità della Lembo

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Regione Molise logoREGIONE – La Consigliera di Parità e Autorità per i diritti e le pari opportunità della Regione Molise Giuditta Lembo alla luce degli ultimi dati Istat di ottobre 2018, che tornano a riproporre una diminuzione dell’occupazione femminile pari a 0,1 punti, facendo attestare l’occupazione femminile al 49,6%, correla questi dati a quelli del drammatico Rapporto annuale dell’Ocse, anno 2017, afferenti all’andamento dell’istruzione nei vari Paesi, compresa l’Italia. Il Rapporto OCSE rileva che sei laureati su dieci sono donne, ma i tassi d’occupazione sono molto più bassi di quelli degli uomini e anche gli stipendi.

La Lembo si chiede: “com’è possibile che un Paese che ha un bisogno disperato di crescere possa permettersi di sottoutilizzare metà del suo capitale umano?. Il Rapporto OCSE in questione, intitolato “Education at glance”, fornisce di anno in anno la stima della gravità del nostro problema. E ogni anno ci battiamo il petto, per venti minuti buoni, sullo scarso numero dei laureati, sul tasso di abbandono degli studi, etc… Ma poi? Parliamo della sottovalutazione e della sottoutilizzazione del capitale umano femminile, un capitale che ha un livello di scolarità primaria e secondaria ottimo.

Che accede alle università più dei maschi (55% a 45%). Che si laurea più dei maschi (59% a 41%) e più della media Ocse (57%). Ma che, regolarmente, si ritrova a essere utilizzato meno e peggio dei colleghi. I numeri impietosi dell’Ocse – prosegue Giuditta Lembo – dicono, testuali, che i tassi di occupazione sono più elevati nei settori in cui la maggior parte degli studenti è di sesso maschile (es. settori scientifici e tecnologici). Le retribuzioni delle laureate sono pari al 72% di quelle dei laureati, un 28% in meno di guadagno delle colleghe rispetto ai colleghi. Il ritorno finanziario complessivo, in termini di costi e benefici, per una donna che decide di laurearsi è pari al 65% della media Ocse e al 54% del ritorno finanziario complessivo di un maschio.

In altre parole, per i ragazzi l’incentivo a studiare è doppio rispetto a quello per le ragazze. È il gatto che si morde la coda: se gli uomini continuano tendenzialmente a fare i manager e le donne le segretarie (una provocazione che lanciai molti anni fa, con tutto il rispetto per le segretarie!), sarà fisiologico che l’incentivo a studiare i maschi sarà sempre maggiore e che sempre più donne penseranno, ingiustamente, che fermarsi al liceo non sia così malaccio. Allo stesso tempo – constata la Lembo – se non si convincono le ragazze a scegliere facoltà ad alto valore economico (poche donne laureate in economia, poche programmatrici informatiche), sarà difficile offrire loro una strada verso il futuro più remunerativa e di alta responsabilità.

Un problema per le donne, un problema ancora maggiore per il Paese, che ha deciso scientemente che avere metà della sua popolazione, quella più brava a scuola, in panchina, sia il modo migliore per perdere ogni partita. E in un mondo in continua evoluzione e di gente che impara – conclude Giuditta Lembo – non possiamo permettercelo, tra l’altro, un Paese che mortifica le donne, è un Paese che, pur avendo due gambe, preferisce correre su una gamba sola, con la consapevolezza di scegliere di perdere quel famoso 7% di PIL!”.