Triduo Pasquale, tre pensieri di Mons. De Luca per la preghiera

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preghiera croce rosario

REGIONE – Il Vescovo Gianfranco De Luca attraverso il portale della Diocesi di Termoli Larino si è rivolto alla comunità. Tra i suoi pensieri vogliamo riportare quelli relativi al Triduo Pasquale.

“Il Giovedì Santo ci pone dinanzi lo straripare dell’amore di Dio che si presenta come Colui che lava i piedi, e l’evangelista Giovanni ci fa cogliere che non si tratta di un gesto simbolico, ma della modalità del rivelarsi e dell’agire di Dio. Dio è colui che mi lava i piedi: mi accoglie, mi offre la sua intimità, mi rispetta pienamente. Lui vuole che il cielo sia sulla terra e la terra sia il Cielo. L’Eucaristia, il sacerdozio e il comando dell’amore scambievole che, in questo giorno, Gesù consegna, costituiscono la possibilità di tutto questo, sono la Pasqua che continua nel tempo e diventa storia dell’umanità.

Il Venerdì Santo: Gesù crocifisso: l’amore che si svuota, fino a perdersi nell’amato.

Tutta la vita di Gesù è donazione, a Nazareth accanto a Maria e Giuseppe nei disagi e nell’obbedienza; tre anni di predicazione in cui passò beneficando e sanando tutti; tre ore di croce nello strazio più lancinante e umiliante, malfattore tra malfattori. Da lì invoca il perdono per i carnefici, apre il Paradiso al ladrone, dona a noi la Madre. Ma non si ferma: gli rimaneva la sua unione col Padre, dolcissima e ineffabile. Quell’unione che l’aveva fatto tanto potente in terra, quale figlio di Dio, e tanto regale in croce. Anche questa, sulla croce, viene meno. Una tenebra profonda avvolge la sua anima e si sente perso, solo, separato da Colui col aveva detto, a più riprese, di essere una cosa sola.   Grida: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Mt 27, 46). Perché il Padre fosse in noi, lo sperimentò lontano da sé.

Il Sabato santo. Maria è sola. Sola col suo figlio-Dio morto.

É il giorno dell’assenza. Lo viviamo in compagnia di Maria, l’Addolorata o forse più opportunamente la Desolata: il suo cuore è un abisso di angoscia e di strazio, ma Lei resta in piedi. Lei crede, non ha certamente dimenticato le parole dell’angelo Gabriele, né quelle della cugina Elisabetta, come quelle del figlio Gesù che aveva annunciato la sua morte e la sua resurrezione. Le conserva nel suo cuore e le medita, le riporta alla mente e le compone con quanto vive. Per questo spera e pur nel dolore di una madre che ha perso il figlio che è anche il suo Dio, nell’assenza resta in piedi, come sentinella che aspetta l’aurora. E intanto ama, non si paralizza, ama: accoglie Giovanni e, in lui, ciascuno di noi, consegnati a Lei come figli, dal Figlio che ha perso.

E, finalmente: Pasqua.

Cristo è Risorto, sì è veramente risorto. É questo il saluto che i cristiani di tutti i tempi si scambiano a Pasqua. La liturgia canta: Morte e Vita si sono affrontate in un prodigioso duello. Il Signore della vita era morto, ma ora, vivo trionfa.

Il suo trionfo è sulla nostra morte. Infatti la morte appartiene a noi e non a Dio. Ma Dio l’ha fatta sua per amore nostro e adesso anche noi, pur segnati dalla morte, non siamo soggetti alla sua definitività. La Pasqua è la nostra festa, la festa dell’affrancamento dalla morte e della nostra definitiva liberazione”.